Prima di scrivere la prefazione di questo libro sono costretta a fare una riflessione sull’ultimo decennio, non posso prescindere poiché spiega l’importanza di un ro-manzo come Terre violate.
Nel sopracitato lasso di tempo si è sviluppato un fenomeno che ha permesso a chiunque di scrivere un libro.
Nessun “Peccato mortale”, per carità, se non fosse che ci hanno rimesso fortemente la Letteratura e Autori capaci, gettati in un mucchio, una bolgia di inadeguati.
Da una parte molte, moltissime piccole Case Editrici hanno visto la facilità di guadagnare sfruttando, dall’altra la stoltezza o la boria di persone che pur di vedere il loro nome su una copertina si sono fatte complici di un mercimonio che ha dato alla luce opere senza valore, discerni-mento, bravura, merito e qualità.
Da ormai dodici anni faccio il mestiere dell’Editor, ovvero chi deve mondare il più possibile il romanzo che gli viene sottoposto per renderlo corretto. Ho letto e coretto per la maggior parte delle volte testi brutti, mancanti addirittura della più basilare tecnica, con errori di ortografia, noiosi e senza virtù.
Terre violate mi ha incitato a fare tutti questi preamboli proprio perché è l’opposto del dilettantismo, della
banalità, della noia, degli strafalcioni e le pretese di tantissimi sedicenti “novelli Manzoni”.
Un uomo umile, Giuseppe Surico, in punta di piedi.
Leggo il suo romanzo e si risveglia la coscienza.
Esistono ancora gli Autori bravi, un piccolo capolavoro non è utopia. Perché sì, Terre violate è un piccolo capolavoro. L’Autore è un neorealista poiché il suo stile ri-corda Pavese, Fenoglio, Verga. Un grande scrittore inconsapevole di essere tale. Ho bevuto le frasi, i dialoghi, la sto-ria che si dipana in una Puglia nella prima metà del secolo scorso e che unisce la malora che accomunava l’Italia intera.
Un’integrazione non ricercata ma perfettamente riuscita, grazie alla tecnica innata. I personaggi sono tracciati con una psicologia tale da renderli stabili e imperituri.
In Surico abbiamo la narrazione, lo stile, i particolari che mai tediano ma al contrario investono la mente in un attimo qualsiasi della giornata. Quando un libro torna in te-sta nel quotidiano significa che ha incantato il lettore.
I dialoghi sono essenziali, talvolta ironici, la trama un devastante spaccato di una società sventurata e povera, narrato senza piagnistei, compatimento o peggio, didascalie inutili e qualunquiste.
C’è l’essenziale che tutto spiega, ci sono profumi, odori, miseria, la fugacità dell’animo umano. La ricerca di
una felicità semplice e disgregata perché i personaggi di Surico sono assolutamente veritieri e attendibili.
Come dicevo appunto il “verismo”.
Di Verga, senza dubbio e degli altri già citati. Ma per quell’ironia e pe i contenuti drammatici che mai diventano irrimediabilmente funesti, assurgerei Giuseppe Surico a un allievo di Luigi Pirandello.
Nel sopracitato lasso di tempo si è sviluppato un fenomeno che ha permesso a chiunque di scrivere un libro.
Nessun “Peccato mortale”, per carità, se non fosse che ci hanno rimesso fortemente la Letteratura e Autori capaci, gettati in un mucchio, una bolgia di inadeguati.
Da una parte molte, moltissime piccole Case Editrici hanno visto la facilità di guadagnare sfruttando, dall’altra la stoltezza o la boria di persone che pur di vedere il loro nome su una copertina si sono fatte complici di un mercimonio che ha dato alla luce opere senza valore, discerni-mento, bravura, merito e qualità.
Da ormai dodici anni faccio il mestiere dell’Editor, ovvero chi deve mondare il più possibile il romanzo che gli viene sottoposto per renderlo corretto. Ho letto e coretto per la maggior parte delle volte testi brutti, mancanti addirittura della più basilare tecnica, con errori di ortografia, noiosi e senza virtù.
Terre violate mi ha incitato a fare tutti questi preamboli proprio perché è l’opposto del dilettantismo, della
banalità, della noia, degli strafalcioni e le pretese di tantissimi sedicenti “novelli Manzoni”.
Un uomo umile, Giuseppe Surico, in punta di piedi.
Leggo il suo romanzo e si risveglia la coscienza.
Esistono ancora gli Autori bravi, un piccolo capolavoro non è utopia. Perché sì, Terre violate è un piccolo capolavoro. L’Autore è un neorealista poiché il suo stile ri-corda Pavese, Fenoglio, Verga. Un grande scrittore inconsapevole di essere tale. Ho bevuto le frasi, i dialoghi, la sto-ria che si dipana in una Puglia nella prima metà del secolo scorso e che unisce la malora che accomunava l’Italia intera.
Un’integrazione non ricercata ma perfettamente riuscita, grazie alla tecnica innata. I personaggi sono tracciati con una psicologia tale da renderli stabili e imperituri.
In Surico abbiamo la narrazione, lo stile, i particolari che mai tediano ma al contrario investono la mente in un attimo qualsiasi della giornata. Quando un libro torna in te-sta nel quotidiano significa che ha incantato il lettore.
I dialoghi sono essenziali, talvolta ironici, la trama un devastante spaccato di una società sventurata e povera, narrato senza piagnistei, compatimento o peggio, didascalie inutili e qualunquiste.
C’è l’essenziale che tutto spiega, ci sono profumi, odori, miseria, la fugacità dell’animo umano. La ricerca di
una felicità semplice e disgregata perché i personaggi di Surico sono assolutamente veritieri e attendibili.
Come dicevo appunto il “verismo”.
Di Verga, senza dubbio e degli altri già citati. Ma per quell’ironia e pe i contenuti drammatici che mai diventano irrimediabilmente funesti, assurgerei Giuseppe Surico a un allievo di Luigi Pirandello.
Titolo: Terre violate e mai dimenticate
Autore: Giuseppe Surico
Brossura, pag. 152
Prezzo: € 13,00
Edizioni Il cuscino di stelle
ISBN: 978-88-32014-58-7